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Donald Trump, nuovo presidente USA che entrerà in carica nel gennaio 2017, ha dichiarato che la legalizzazione della marijuana, per qualsiasi scopo diverso da quello terapeutico, è un «brutto» esperimento. Il neo Presidente, eletto grazie ai voti dei Grandi Elettori e non a quelli popolari, ha anche ricordato però che è una questione di competenza dei singoli Stati.

Da imprenditore a candidato: le idee cambiano

Negli anni ‘90 Donald Trump affermò che gli USA stavano perdendo la guerra alla droga e che l’unico modo per vincerla sarebbe stata legalizzarla per portare il profitto lontano dai criminali.
Durante la candidatura alla Casa Bianca, però, Trump cambiò il suo atteggiamento, che si fece molto contorto e poco chiaro rispetto alla possibilità di legalizzare sulla cannabis.

Ricordiamoci che nello stesso periodo delle elezioni per il successore di Obama, in diversi stati americani ci sono stati numerosissimi referendum, tra cui quelli appunto per la legalizzazione della marijuana per uso ricreativo in California, Massachusetts, Maine, Arizona e Nevada. Tali referendum sono stati nella stragrande maggioranza approvati con percentuali altissime come  il 54% per la Question 4 (Massachusetts) e il 56% per la Proposition 64 (California).

Per molto tempo Trump stesso si è definito un repubblicano liberista e libertario, favorevole a lasciare operare il business senza troppi ostacoli statali. Ha infatti affermato in diverse occasioni di sostenere la legalizzazione a fini terapeutici ma ha espresso scetticismo sull’esperienza del Colorado, in cui la marijuana è diventata legale nel febbraio 2014.

Sembra infatti che a soli 18 mesi dalla legalizzazione in Colorado alcuni consumatori preferissero continuare a comprare la marijuana dai loro precedenti spacciatori sottraendo allo stato gran parte dell’introito previsto. Evidentemenre gli spacciatori avevano imparato a prendere le misure sul prezzo imposto dallo stato, offrendo la merce ad un prezzo minore.

Le figure dell’entourage di Trump: tutti ferventi oppositori della legalizzazione

Tra i più influenti sostenitori di Trump, figurano i governatori degli stati del New Jersey e dell’Indiana, due fieri oppositori della legalizzazione. Il nuovo presidente degli Stati Uniti infatti è attorniato da persone contrarie alla legalizzazione della marijuana come per esempio Rudy Giuliani (ex sindaco di New York), Chris Christie e Jeff Session.

Quest’ultimo, appena nominato Attorney General della nuova amministrazione Trump, ha sempre sostenuto che la marijuana fosse una sostanza molto pericolosa, definendo la sua legalizzazione uno dei principali fallimenti dell’amministrazione di Barack Obama, dichiarando anche «le brave persone non fumano marijuana» (una specie di accusa velata al passato dell’ex presidente). Non c’è modo di sapere, tuttavia, se l’amministrazione Repubblicana porterà dei cambi di rotta nella gestione della questione cannabis. 

Il business della marijuana

Di certo sappiamo che negli USA la cannabis produce un business da 6 miliardi di dollari l’anno, che triplicherà quando i nuovi Stati in cui è stata votata la legalizzazione saranno attivi.

Difficilmente Trump tornerà indietro sulle decisioni già prese dai singoli stati, ma il settore della marijuana dovrebbe comunque prepararsi al peggio, vista la facile imprevedibilità del nuovo Presidente.

Nonostante tutto, Trump potrebbe comunque essere convinto dai suoi consiglieri a mettere tranquillamente fine alla linea del “chiudere un occhio”. Il suo Attorney General (Jeff Session) avrà l’autorità per costringere a chiudere le aziende che commerciano prodotti illeciti a livello federale, quindi anche la marijuana.

Infatti la legge federale continua a classificare la cannabis come una droga illegale da perseguire al pari dell’eroina: per questo se il nuovo presidente volesse riportare indietro le lancette dell’orologio e vietare le legalizzazioni potrebbe teoricamente farlo, nonostante il Memorandum Cole (la non ingerenza del governo federale nelle legislazioni locali sulla cannabis).

Donald Trump è sicuramente attento alle logiche di mercato e di guadagno americano, e questo potrebbe essere un fattore in favore della legalizzazione, nonostante gli iniziali scetticismi, ma i suoi consiglieri, l’imprevedibilità e la scarsa esperienza in materia potrebbero portare a scenari più negativi di quanto ci aspettiamo.

 

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