Avete mai sentito la parola Landrace? Se la vostra risposta è no, è bene fare un passo indietro per un excursus storico su queste genetiche autoctone di cannabis che hanno colonizzato l’intero Pianeta.

Prima ancora che arrivasse la “mano” dell’uomo, questa pianta era solita crescere in modo selvatico in natura. La cannabis cresceva spontaneamente nell’ambiente, non veniva “modellata” dall’uomo e c’era più diversità morfologica.

Questo, almeno, fino a 6.500 anni fa quando il botanico russo N. I. Vavilov diede inizio al primo processo di breeding realizzato dall’uomo.

Un passo cruciale nella storia della genetica della cannabis perché, tramite la selezione, i coltivatori tradizionali hanno via via eliminato gli individui che non soddisfacevano determinati requisiti (odore, dimensione, produzione ecc.) e hanno gradualmente modellato le popolazioni di cannabis generando la varietà Landrace.

Cos’è una varietà landrace?

Per la spiegazione precisa prendiamo in prestito le parole del sito dinafem.org: “Una varietà di cannabis landrace è quella che, grosso modo, è stata coltivata e selezionata dagli agricoltori locali delle regioni in cui la coltivazione della cannabis era una tradizione millenaria, e che si è adattata al clima e alle caratteristiche della sua ubicazione geografica. Sono queste varietà indigene quelle che vengono chiamate landrace”.

Come abbiamo visto in precedenza, il processo di creazione delle landrace è fortemente condizionato dai coltivatori locali che hanno selezionato piante con caratteristiche idonee al territorio di appartenenza.

Questo processo veniva fatto a occhio e ha dato luogo a determinate caratteristiche morfologiche in sintonia con l’ambiente. Ecco perché le landrace sono in genere 100% indica o sativa.

Nonostante queste piante abbiano un livello di stabilità minore, hanno una rusticità superiore che le rende più resistenti alle condizioni climatiche avverse.

Questo significa che, le landrace sono in grado di adattarsi alle fluttuazioni climatiche e alle minacce presenti nell’ambiente grazie al loro pool genico.

Landrace indica e sativa

Se vi state chiedendo perché non avete sentito parlare prima di queste varietà autoctone, la spiegazione è nel fatto che sono state portate fuori dal loro ambiente nativo e incrociate all’infinito con altre varietà per la produzione di qualcosa di nuovo.

Attualmente, l’industria della cannabis offre un centinaio di varietà ibride che provengono dalle landrace, ma se avete intenzione di cercare sul mercato la sua forma pura (100% sativa o indica) sappiate che è molto complicato.

La differenza tra indica e sativa è dovuta, in gran parte, all’adattamento della pianta all’ambiente e all’umidità. La prima si è adattata per sopportare i climi più caldi e secchi, motivo per cui sono più basse, massicce e tozze, mentre la sativa è, invece, una pianta che si è adattata a climi più umidi e si presenta con una forma allungata e sottile.

Altra differenza tra le due varietà è l’effetto che offrono al corpo:

  • la indica produce uno sballo rilassante e dolce, anche eccessivamente sedativo per alcune persone. Il suo uso medicinale include la gestione del dolore cronico, di spasmi muscolari e insonnia.
  • La sativa offre uno sballo celebrale energizzante, ottimo per socializzare e stimolare la creatività. Da un punto di vista medicale, può essere usata per gestire ansia, depressione e stimolare l’appetito.

Landrace vs ibridi

Come accennato in precedenza, la stragrande maggioranza di cannabis è oggi un ibrido, creato attraverso l’allevamento selettivo per produrre e preservare determinate proprietà genetiche.

Solo per fare un esempio, alcuni ibridi contengono:

  • Alto livello di THC con bassa percentuale di CBD o viceversa
  • Caratteristiche fisiche distintive (es. cime viola)
  • Profili terpenici con aromi e sapori specifici

Trovare qualità 100% landrace è impossibile, ma il lavoro che è stato fatto sugli ibridi offre genetiche di altissima qualità con caratteristiche in grado di valorizzare produzione, sapore, durata del ciclo ed effetto.

La differenza più grande è che le varietà genetiche moderne sono state selezionate attraverso molte generazioni con lo scopo di stringere il pool genico, mentre le landrace possiedono una ricchezza genetica che negli ibridi si è un po’ persa.