Quando si parla di cannabis, è il caso di citare e approfondire il concetto di microdosaggio. La tendenza in questione sta diventando sempre più diffusa e a dimostrarlo ci pensa la sua popolarità tra veri e propri pionieri dell’innovazioni quali i business man della Silicon Valley, che ricorrono al microdosaggio per ottimizzare la propria creatività.

Come funziona il microdosaggio e suoi principali vantaggi

Come è chiaro dal termine stesso, il microdosaggio si basa sull’ingestione di piccole quantità di cannabis. Il principale vantaggio di questo approccio riguarda innanzitutto il fatto che, a seguito del’ingestione, l’utente rimane lucido e operativo. Riesce comunque, come già ricordato, ad apprezzare gli effetti sulla creatività, che sono a dir poco interessanti. Si tratta infatti di un quadro di miglioramento cognitivo senza la problematica della letargia e dell’eccessiva euforia.

Alla luce di quanto appena descritto, molti utenti – soprattutto esperti – considerano il microdosaggio il futuro del consumo di cannabis. In virtù della mancanza di effetti collaterali, si ritiene che questo approccio possa rappresentare una soluzione per liberare la cannabis dai luoghi comuni negativi che contraddistinguono la sua immagine purtroppo da sempre.

Grazie al microdosaggio, è possibile rendere maggiormente apprezzabile il consumo di cannabis sia per gli utenti ricreativi, sia per quelli orientati a uno stile di consumo affine all’ingestione.

A quanto corrisponde una microdose?

Il microdosaggio non è stato ancora interessato da un approccio scientifico, cosa che invece è accaduta per numerosi altri aspetti legati al mondo della cannabis. Alla luce di questo aspetto, è il caso di ricordare che ci troviamo oggi in una fase di vera e propria natura sperimentale.

Sono numerose le variabili in gioco e alcune di queste riguardano sia la tipologia di cannabis migliore da utilizzare, sia la sua concentrazione. Da qui possono nascere numerosi interrogativi, riguardanti in primis la quantità di THC e CBD relativa a un determinato ceppo. Da non dimenticare sono anche gli interrogativi in merito ai terpeni più adatti a ottimizzare gli effetti del microdosaggio.

Cosa è lo sweet spot?

microdosing marijuana

Quando si parla di microdosaggio, è fondamentale chiamare in causa il concetto di sweet spot, generato da una dose con peculiarità sub percettiva, cioè in grado di portare l’utente a uno stato immediatamente precedente a quello dell’alterazione psicofisica.

L’unico modo per scoprire la dose in questione è la sperimentazione personale. Certo, si possono fare degli errori umani. L’unico effetto, in casi del genere, è quello di sperimentare uno stato di spiacevole stordimento.

Gli utenti che si avvicinano al mondo della cannabis vengono invitati a trovare da soli il proprio sweet spot, testando varie quantità fino ad arrivare al momento dell’applicazione del microdosaggio a livello quotidiano. Quando si trova la quantità giusta, è possibile fare esperienza del già citato miglioramento della creatività, per non parlare dell’ottimizzazione del tono dell’umore. Tutto questo, ribadiamo, avviene senza effetti negativi legati all’offuscamento mentale, allo stato di paranoia e all’effettiva riduzione delle capacità mentali e fisiche.

Metodi

Per concretizzare il microdosaggio e raggiungere lo sweet spot, si possono utilizzare diverse metodologie. Tra queste è possibile annoverare il consumo di cannabis tramite canne, pipe e bong. Nel primo caso è possibile citare il vantaggio della discrezione e della possibilità di fumare senza il problema delle eccessive nuvole di fumo.